Recentemente sono riuscita a recuperare, tramite emulatore, un capitolo che ho profondamente amato da piccola, “Indiana Jones and the fate of Atlantis” della meravigliosa e oramai tristemente chiusa Lucas Arts.
Nei miei primi gameplay, e vi sto parlando di quando avevo più o meno sei o sette anni, riuscivo ad arrivare sempre fino ad un certo punto della trama, poi mi bloccavo. Questa volta, complice il tempo libero, sono riuscita a finirlo in un paio di giorni senza particolari difficoltà.
(La mini-me è molto orgogliosa di questo traguardo, a dirla tutta.)

In questo articolo vorrei raccontarvi un po’ la storia del gioco, ma mi sembra giusto darvi qualche info sulla casa di produzione.
La LucasArts nasce nel 1982 da George Lucas, che voleva ampliare i suoi orizzonti oltre al cinema, di cui già si occupava con la LucasFilm, per creare qualcosa di nuovo e innovativo in collaborazione con Atari. Insieme realizzarono vari successi come quello di Rescue on Fractalus! per lAtari 8-bit, in seguito la compagnia venne riorganizzata e la divisione videogiochi inglobò la Industrial Light & Magic e la Skywalker Sound, creando definitivamente la LucasArts.

Il genere che ho sempre amato della Lucas però è quello delle avventure grafiche, che fa la sua comparsa nel 1986 con Labyrinth (di cui parleremo in un altro articolo). Un avventura grafica (o punta e clicca) è un genere di gioco che si basa sul controllo di un personaggio in terza persona, principalmente con il mouse. Il sistema SCUMM, utilizzato per questo tipo di videogiochi, fu introdotto da Ron Gilbert con Maniac Mansion, infatti lo stesso nome del programma è l’acronimo di Script Creation Utility for Maniac Mansion. Non sono sicuramente una grande esperta nello sviluppo dei videogiochi, quindi vi lascio questa spiegazione da wikipedia, per farvi capire a grandi linee come funziona:

I giochi SCUMM seguono un paradigma di sviluppo verbo-oggetto.
Il personaggio controllato dal giocatore utilizza gli oggetti di un inventario, combinandoli tra loro o facendoli interagire con altri oggetti sparsi nel mondo virtuale del gioco, usando una varietà di verbi (vai, prendi, esamina, usa, e così via), soprattutto nei primi giochi (la versione floppy di The Secret Of Monkey Island ne utilizzava dodici). L’evoluzione del software portò gradualmente a una diminuzione di questi verbi, l’interprete SCUMM smise di chiedere espressamente all’utente il verbo da utilizzare e cominciò a basarsi su altri dati per dedurre l’azione da intraprendere: in 
Sam & Max Hit the Road l’uso del tasto destro del mouse scorreva l’elenco dei verbi, in La maledizione di Monkey Island con un click del mouse si accedeva alla selezione fra soli tre verbi, in The Dig non era neanche necessario scegliere il verbo ma bastava affidarsi al click, destro o sinistro, per far sì che SCUMM attivasse l’azione giusta.
Gli enigmi solitamente evolvono usando il giusto verbo con l’oggetto appropriato (o il verbo “usa” con la giusta combinazione di due oggetti), per esempio: “Usa gli spilloni in la bambola 
vudù“.
La scelta “parla a” produce sequenze di dialogo nelle quali il giocatore sceglie tra una lista di domande o frasi predefinite alle quali i personaggi con cui il suo alter ego interagisce rispondono secondo uno schema predefinito.

https://it.wikipedia.org/wiki/SCUMM

Indy-Here we go

Il franchise di Indiana Jones arriva nell’89 con “Indiana Jones and the Last Crusade: The Graphic Adventure“, ispirato dall’omonimo film con Harrison Ford. Diretto da Noah Falstein, in collaborazione con David Fox e Ron Gilbert questo titolo ha riscosso parecchio successo alla sua uscita, complice l’enorme successo del film.
Qui sotto, vi lascio in allegato una pagina dell’Amiga Magazine dell’epoca, con annessa mini recensione.

Indiana Jones and the Fate of Atlantis invece, uscì nel 1992 con una storia completamente originale sceneggiata da Hal Barwood in collaborazione con Noah Falstein, che si era occupato del primo capitolo.
Per la colonna sonora invece vennero ingaggiati Michael LandClint Bajakian, e Peter McConnell, che si basarono sulle musiche dei film di John Williams.
Il gameplay è quello tipico di un punta e clicca, dovremmo scervellarci per risolvere qualche enigma, unire oggetti apparentemente a caso per andare avanti, ma a grandi linee con un po’ di ingegno riusciremo a risolvere tutto.

Ma addentriamoci nella storia.


Vi lascio qui tutta la soundtrack che potete ascoltarvi mentre leggete l’articolo.

Attenzione!
Se non volete spoiler fermatevi qui!


Prologo

Nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il nostro Doctor-Jones è alla ricerca di una statuetta all’interno del Barnett College, dove lavora, per un certo Smith, possessore di una chiave in grado di aprire il manufatto.
I titoli di testa si aprono così, permettendoci di giocare il prologo in una maniera del tutto nuova.

La statuetta Atlantidea.

Ritrovata la statuetta, Smith minaccia Indy e il suo collega Marcus con una pistola dopo che questi sono riusciti a svelarne il contenuto, una perla apparentemente di metallo. Rubata la statuetta il nostro villian leva le tende, perdendo di tasca però dei documenti che lo smascherano come Klaus Kerner, un agente del Terzo Reich interessato ad alcuni scavi in Islanda che Indy aveva effettuato insieme alla collega Sophia Hapgood. L’archeologo si preoccupa quindi per l’ex-collega, divenuta ora una medium che afferma di essere in contatto con il dio Atlantideo Nur-ab-sal.
Perchè la vita da archeologa era troppo noiosa, vero Sophia?

Sophia ci mostra la funzione dell’oricalco.

Indiana Jones parte quindi verso New York per avvisare Sophia, che proprio in quel momento sta tenendo un seminario su Atlantide.
Ovviamente qui ci mettiamo in mezzo noi, rovinando tutto il seminario con le nostre mosse.
Kerner però è riuscito ad arrivare prima ed ha sottratto alla medium tutti i manufatti di cui era in possesso, tranne la collana che porta sempre al collo. Sophia rivela ad Indy che la perla contenuta nella statua non è altro che oricalco, il metallo leggendario utilizzato dagli Atlantidei.
Scopriamo quindi cosa vogliono ottenere i nazisti, e il nostro obbiettivo diventa quello di impedire loro di ottenere l’oricalco, oltre a quello di preservare Atlantide.
Perchè diciamocelo “QUELLA DOVREBBE STARE IN UN MUSEO!”

Lo sappiamo Indy, lo sappiamo.

L’unico modo per raggiungere la città perduta è un dialogo perduto di Platone, l’Ermocrate, quindi Indy e Sophia si dirigono in Islanda, nel loro vecchio scavo ora gestito dal Dottor Bjorn Heimdall. Quest’ultimo li rispedisce in Guatemala e nelle Azzorre a raccogliere informazioni da uno studioso e un mercante di tesori.
In Guatemala, nel tempio di Tikal, i due incontrano il Dottor Charles Sternhart, famoso per aver tradotto il dialogo, anche se a noi non vuole rivelare nessun tipo di informazione. Tramite alcuni marchingegni Indy scopre una tomba nascosta, ma quel simpaticone di Sternhart ruba il manufatto e scappa via da una porta segreta.
Nelle Azzorre, Philip Costa, dopo una bella chiacchierata con la nostra Sophia ci rivela che una copia dell’Ermocrate si trova proprio nel Barnett College, l’università dove il nostro archeologo insegna.

(Complimenti Indy, era proprio sotto il tuo naso.)

A questo punto, ritrovato il tomo di Platone si scopre che per accedere ad Atlantide servono tre manufatti: la Pietra del Sole, la Pietra della Luna, e la Pietra del Mondo. Sophia, la nostra wikipedia personale su Atlantide, è convinta che ci siano due persone che potrebbero essere in possesso della prima pietra, quella del Sole, Alan Trottier a Monte Carlo e Omar Al Jabbar ad Algeri.

A questo punto, il nostro eroe inizia a pensare che forse non sia una brutta idea mollare tutto e scappare ad Honolulu, perchè fra biglietti aerei e taxi la spedizione non sta diventando proprio economica ci pone davanti a delle scelte: è qui che possiamo scegliere la modalità di gioco che più ci aggrada fra Ingegno, Squadra e Azione.

  • Modalità Azione: semplicemente più botte e meno enigmi, con questo tipo di gioco è possibile che il nostro protagonista ne prenda talmente tante che non arriverà alla fine.
  • Modalità Squadra: qui dobbiamo fare attenzione a quello che diciamo, in particolare con Sophia, facciamo della dialettica la nostra arma in pratica.
  • Modalità Ingegno: un sacco di enigmi, niente botte ma senza Sophia.

Io che sotto sotto sono innamorata di Sophia dal primo momento in cui l’ho vista, non ho esitato un secondo a farmi accompagnare dalla bella medium nell’avventura, quindi ho scelto la modalità Squadra.

Modalità Squadra.

Spooky Doctor-Jones

Partiamo quindi alla volta di Algeri, dove in modo molto cavalleresco spingeremo (letteralmente, le daremo una spinta) Sophia a fare da assistente ad un lanciatore di coltelli, reo di aver accidentalmente colpito l’assistente precedente, contratteremo con un mercante per avere un gustoso “piccioncino” e ruberemo in modo totalmente non stealth una maschera dal negozio di Al Jabbar. Poi partiremo per Montecarlo, perchè il mercante Al Jabbar non ha molta voglia di fare affari con noi, e lì inganneremo Trottier durante una seduta spiritica tenuta da Sophia, travestendoci da nientemeno che Nur-ab-sal con un terrificante lenzuolo, una torcia e la nostra maschera.
Riusciremo quindi a rubare la Pietra del Sole a questo collezionista e ripartiremo verso Algeri, dove il mercante sarà disponibile ad aiutarci dopo aver visto il manufatto.


Scopriamo quindi che i nazisti hanno uno scavo nel deserto e dopo un lungo viaggio in mongolfiera (rubata, ovviamente, Indy ha speso tutto nei voli intercontinentali) dai comandi parecchio fastidiosi, ci ritroviamo nel campo dove veniamo indirizzati verso Creta, che si rivela essere una colonia Atlantidea.
Nel palazzo di Cnosso il duo troverà la Pietra della Luna che gli permetterà di accedere al labirinto del Minotauro.
Qui troveremo il cadavere di Sternhart con la Pietra del Mondo, quella che ci aveva rubato, e saremo quindi in possesso di tutte le chiavi per Atlantide.
(Che poi, se troviamo lo scheletro di Sternhart, quanto cavolo ci abbiamo messo per arrivare lì???)

A rovinare il nostro momento di trionfo arriva niente meno che il nazista di turno, Kerner, che non solo ci porta via i dischi, ma rapisce anche Sophia lasciandoci senza vie di fuga nel labirinto.
Ovviamente riusciamo ad uscire senza problemi, siamo o non siamo Indiana Jones?
Raggiungeremo quindi il sommergibile nazista, inganneremo i marinai e con l’aiuto di Sophia porteremo il sommergibile nella città perduta di Atlantide.

Atlantide

Dopo essersi punzecchiati per tutta l’avventura, i nostri due archeologi si dimostrano parecchio affettuosi l’uno con l’altro.

Eccoci arrivati nella città perduta, o quanto meno quello che ne resta. La mappa di Atlantide è anch’essa un grande disco, come quelli che abbiamo rincorso per tutto il gioco.
Dopo aver oltrepassato l’ultimo anello che circonda la città, e tutti gli enigmi che ci troviamo davanti (compreso quello per liberare Sophia, che era stata presa – di nuovo) riusciamo ad entrare nel centro di Atlantide.
Non prima di sbaciucchiarci con la nostra compagna di avventura, badate bene.
A questo punto però la Medium verrà posseduta dallo spirito di Nur-ab-sal che oltre ad essere un gran simpaticone darà fastidio al nostro archeologo che quindi preferirà lanciare la collana di Sophia, che conteneva lo spirito, nella lava, per liberarla (e fanno tre).
Comunque, nel centro di Atlantide, i due attivano una macchina che dovrebbe trasformare gli uomini in dei, e ovviamente i nazisti arrivano in questo preciso momento. I cattivoni ovviamente vorranno usare Indy come cavia per l’macchina, ma rispondendo bene alle loro domande riusciremo a convincerli del contrario e quindi elimineremo sia Kerner che il dottore pazzo. Il sovraccarico della macchina però porterà alla distruzione di Atlantide e saremo costretti a scappare.
Il gioco si chiude con Indiana e Sophia in salvo sul sommergibile, contenti di essersi ritrovati mentre guardano Atlantide scomparire ancora una volta.

Devo dire che nel finale la lacrimuccia è scesa, anche perchè tutto sto casino per ritrovare la città perduta per poi vederla scomparire definitivamente non è proprio il massimo, ma questo capitolo si riconferma come uno dei migliori giochi della LucasArts che io abbia mai giocato.
Indubbiamente ha segnato un’epoca e per me chiude la trilogia dei film e la storia, perchè diciamocelo, c’è un Indiana Jones che non esiste e non deve essere nominato.

Grazie per essere arrivati fino a qui, spero che questo articolo possa anche solo in parte avervi fatto incuriosire su questo tipo di gioco o avervi aiutato a ricordare un gioco ingiustamente dimenticato,

Elyonesse


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