Author: elyonesse

Robin Hood 1973 – Il finale alternativo di Ken Anderson


Eravate a conoscenza del finale alternativo di Robin Hood?
Pensate che venne escluso dalla versione definitiva del film perchè considerato troppo lungo. Disponibile nell’edizione speciale del dvd, questo finale è ricostruito in maggior parte da immagini fisse degli storyboard di Ken Anderson, andiamo a vederne qualcuna.

Robin Hood viene ferito quando salta nel fossato dalla torre in fiamme e viene portato in salvo da Little John in chiesa. Il principe Giovanni però intuisce che si trovi lì, e lo raggiunge.

Giovanni trova quindi Lady Marian intenta a prendersi cura di Robin ed è pronto a colpirlo con un pugnale, per vendicarsi.

Proprio mentre sta per colpire il fuorilegge con un pugnale fa il suo ingresso Re Riccardo, e il principe si trasforma nel solito mammone.

Re Riccardo decide di punire severamente il fratello, e si riprende la corona.

Il Re fa tornare Nottingham al suo splendore e ordina a Fra Tuck di sposare i piccioncini, dopo aver dato il titolo di Sir a Robin e quello di Duca a Little John.

Una piccola curiosità, in questo finale lo sceriffo di Nottingham tornava buono e non subiva nessuna punizione, infatti lo vediamo in chiesa al matrimonio di Robin e Marian.


Grazie per essere arrivati fino a qui!
Elyonesse

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Indiana Jones and the fate of Atlantis – Retrogaming

Recentemente sono riuscita a recuperare, tramite emulatore, un capitolo che ho profondamente amato da piccola, “Indiana Jones and the fate of Atlantis” della meravigliosa e oramai tristemente chiusa Lucas Arts.
Nei miei primi gameplay, e vi sto parlando di quando avevo più o meno sei o sette anni, riuscivo ad arrivare sempre fino ad un certo punto della trama, poi mi bloccavo. Questa volta, complice il tempo libero, sono riuscita a finirlo in un paio di giorni senza particolari difficoltà.
(La mini-me è molto orgogliosa di questo traguardo, a dirla tutta.)

In questo articolo vorrei raccontarvi un po’ la storia del gioco, ma mi sembra giusto darvi qualche info sulla casa di produzione.
La LucasArts nasce nel 1982 da George Lucas, che voleva ampliare i suoi orizzonti oltre al cinema, di cui già si occupava con la LucasFilm, per creare qualcosa di nuovo e innovativo in collaborazione con Atari. Insieme realizzarono vari successi come quello di Rescue on Fractalus! per lAtari 8-bit, in seguito la compagnia venne riorganizzata e la divisione videogiochi inglobò la Industrial Light & Magic e la Skywalker Sound, creando definitivamente la LucasArts.

Il genere che ho sempre amato della Lucas però è quello delle avventure grafiche, che fa la sua comparsa nel 1986 con Labyrinth (di cui parleremo in un altro articolo). Un avventura grafica (o punta e clicca) è un genere di gioco che si basa sul controllo di un personaggio in terza persona, principalmente con il mouse. Il sistema SCUMM, utilizzato per questo tipo di videogiochi, fu introdotto da Ron Gilbert con Maniac Mansion, infatti lo stesso nome del programma è l’acronimo di Script Creation Utility for Maniac Mansion. Non sono sicuramente una grande esperta nello sviluppo dei videogiochi, quindi vi lascio questa spiegazione da wikipedia, per farvi capire a grandi linee come funziona:

I giochi SCUMM seguono un paradigma di sviluppo verbo-oggetto.
Il personaggio controllato dal giocatore utilizza gli oggetti di un inventario, combinandoli tra loro o facendoli interagire con altri oggetti sparsi nel mondo virtuale del gioco, usando una varietà di verbi (vai, prendi, esamina, usa, e così via), soprattutto nei primi giochi (la versione floppy di The Secret Of Monkey Island ne utilizzava dodici). L’evoluzione del software portò gradualmente a una diminuzione di questi verbi, l’interprete SCUMM smise di chiedere espressamente all’utente il verbo da utilizzare e cominciò a basarsi su altri dati per dedurre l’azione da intraprendere: in 
Sam & Max Hit the Road l’uso del tasto destro del mouse scorreva l’elenco dei verbi, in La maledizione di Monkey Island con un click del mouse si accedeva alla selezione fra soli tre verbi, in The Dig non era neanche necessario scegliere il verbo ma bastava affidarsi al click, destro o sinistro, per far sì che SCUMM attivasse l’azione giusta.
Gli enigmi solitamente evolvono usando il giusto verbo con l’oggetto appropriato (o il verbo “usa” con la giusta combinazione di due oggetti), per esempio: “Usa gli spilloni in la bambola 
vudù“.
La scelta “parla a” produce sequenze di dialogo nelle quali il giocatore sceglie tra una lista di domande o frasi predefinite alle quali i personaggi con cui il suo alter ego interagisce rispondono secondo uno schema predefinito.

https://it.wikipedia.org/wiki/SCUMM

Indy-Here we go

Il franchise di Indiana Jones arriva nell’89 con “Indiana Jones and the Last Crusade: The Graphic Adventure“, ispirato dall’omonimo film con Harrison Ford. Diretto da Noah Falstein, in collaborazione con David Fox e Ron Gilbert questo titolo ha riscosso parecchio successo alla sua uscita, complice l’enorme successo del film.
Qui sotto, vi lascio in allegato una pagina dell’Amiga Magazine dell’epoca, con annessa mini recensione.

Indiana Jones and the Fate of Atlantis invece, uscì nel 1992 con una storia completamente originale sceneggiata da Hal Barwood in collaborazione con Noah Falstein, che si era occupato del primo capitolo.
Per la colonna sonora invece vennero ingaggiati Michael LandClint Bajakian, e Peter McConnell, che si basarono sulle musiche dei film di John Williams.
Il gameplay è quello tipico di un punta e clicca, dovremmo scervellarci per risolvere qualche enigma, unire oggetti apparentemente a caso per andare avanti, ma a grandi linee con un po’ di ingegno riusciremo a risolvere tutto.

Ma addentriamoci nella storia.


Vi lascio qui tutta la soundtrack che potete ascoltarvi mentre leggete l’articolo.

Attenzione!
Se non volete spoiler fermatevi qui!


Prologo

Nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il nostro Doctor-Jones è alla ricerca di una statuetta all’interno del Barnett College, dove lavora, per un certo Smith, possessore di una chiave in grado di aprire il manufatto.
I titoli di testa si aprono così, permettendoci di giocare il prologo in una maniera del tutto nuova.

La statuetta Atlantidea.

Ritrovata la statuetta, Smith minaccia Indy e il suo collega Marcus con una pistola dopo che questi sono riusciti a svelarne il contenuto, una perla apparentemente di metallo. Rubata la statuetta il nostro villian leva le tende, perdendo di tasca però dei documenti che lo smascherano come Klaus Kerner, un agente del Terzo Reich interessato ad alcuni scavi in Islanda che Indy aveva effettuato insieme alla collega Sophia Hapgood. L’archeologo si preoccupa quindi per l’ex-collega, divenuta ora una medium che afferma di essere in contatto con il dio Atlantideo Nur-ab-sal.
Perchè la vita da archeologa era troppo noiosa, vero Sophia?

Sophia ci mostra la funzione dell’oricalco.

Indiana Jones parte quindi verso New York per avvisare Sophia, che proprio in quel momento sta tenendo un seminario su Atlantide.
Ovviamente qui ci mettiamo in mezzo noi, rovinando tutto il seminario con le nostre mosse.
Kerner però è riuscito ad arrivare prima ed ha sottratto alla medium tutti i manufatti di cui era in possesso, tranne la collana che porta sempre al collo. Sophia rivela ad Indy che la perla contenuta nella statua non è altro che oricalco, il metallo leggendario utilizzato dagli Atlantidei.
Scopriamo quindi cosa vogliono ottenere i nazisti, e il nostro obbiettivo diventa quello di impedire loro di ottenere l’oricalco, oltre a quello di preservare Atlantide.
Perchè diciamocelo “QUELLA DOVREBBE STARE IN UN MUSEO!”

Lo sappiamo Indy, lo sappiamo.

L’unico modo per raggiungere la città perduta è un dialogo perduto di Platone, l’Ermocrate, quindi Indy e Sophia si dirigono in Islanda, nel loro vecchio scavo ora gestito dal Dottor Bjorn Heimdall. Quest’ultimo li rispedisce in Guatemala e nelle Azzorre a raccogliere informazioni da uno studioso e un mercante di tesori.
In Guatemala, nel tempio di Tikal, i due incontrano il Dottor Charles Sternhart, famoso per aver tradotto il dialogo, anche se a noi non vuole rivelare nessun tipo di informazione. Tramite alcuni marchingegni Indy scopre una tomba nascosta, ma quel simpaticone di Sternhart ruba il manufatto e scappa via da una porta segreta.
Nelle Azzorre, Philip Costa, dopo una bella chiacchierata con la nostra Sophia ci rivela che una copia dell’Ermocrate si trova proprio nel Barnett College, l’università dove il nostro archeologo insegna.

(Complimenti Indy, era proprio sotto il tuo naso.)

A questo punto, ritrovato il tomo di Platone si scopre che per accedere ad Atlantide servono tre manufatti: la Pietra del Sole, la Pietra della Luna, e la Pietra del Mondo. Sophia, la nostra wikipedia personale su Atlantide, è convinta che ci siano due persone che potrebbero essere in possesso della prima pietra, quella del Sole, Alan Trottier a Monte Carlo e Omar Al Jabbar ad Algeri.

A questo punto, il nostro eroe inizia a pensare che forse non sia una brutta idea mollare tutto e scappare ad Honolulu, perchè fra biglietti aerei e taxi la spedizione non sta diventando proprio economica ci pone davanti a delle scelte: è qui che possiamo scegliere la modalità di gioco che più ci aggrada fra Ingegno, Squadra e Azione.

  • Modalità Azione: semplicemente più botte e meno enigmi, con questo tipo di gioco è possibile che il nostro protagonista ne prenda talmente tante che non arriverà alla fine.
  • Modalità Squadra: qui dobbiamo fare attenzione a quello che diciamo, in particolare con Sophia, facciamo della dialettica la nostra arma in pratica.
  • Modalità Ingegno: un sacco di enigmi, niente botte ma senza Sophia.

Io che sotto sotto sono innamorata di Sophia dal primo momento in cui l’ho vista, non ho esitato un secondo a farmi accompagnare dalla bella medium nell’avventura, quindi ho scelto la modalità Squadra.

Modalità Squadra.

Spooky Doctor-Jones

Partiamo quindi alla volta di Algeri, dove in modo molto cavalleresco spingeremo (letteralmente, le daremo una spinta) Sophia a fare da assistente ad un lanciatore di coltelli, reo di aver accidentalmente colpito l’assistente precedente, contratteremo con un mercante per avere un gustoso “piccioncino” e ruberemo in modo totalmente non stealth una maschera dal negozio di Al Jabbar. Poi partiremo per Montecarlo, perchè il mercante Al Jabbar non ha molta voglia di fare affari con noi, e lì inganneremo Trottier durante una seduta spiritica tenuta da Sophia, travestendoci da nientemeno che Nur-ab-sal con un terrificante lenzuolo, una torcia e la nostra maschera.
Riusciremo quindi a rubare la Pietra del Sole a questo collezionista e ripartiremo verso Algeri, dove il mercante sarà disponibile ad aiutarci dopo aver visto il manufatto.


Scopriamo quindi che i nazisti hanno uno scavo nel deserto e dopo un lungo viaggio in mongolfiera (rubata, ovviamente, Indy ha speso tutto nei voli intercontinentali) dai comandi parecchio fastidiosi, ci ritroviamo nel campo dove veniamo indirizzati verso Creta, che si rivela essere una colonia Atlantidea.
Nel palazzo di Cnosso il duo troverà la Pietra della Luna che gli permetterà di accedere al labirinto del Minotauro.
Qui troveremo il cadavere di Sternhart con la Pietra del Mondo, quella che ci aveva rubato, e saremo quindi in possesso di tutte le chiavi per Atlantide.
(Che poi, se troviamo lo scheletro di Sternhart, quanto cavolo ci abbiamo messo per arrivare lì???)

A rovinare il nostro momento di trionfo arriva niente meno che il nazista di turno, Kerner, che non solo ci porta via i dischi, ma rapisce anche Sophia lasciandoci senza vie di fuga nel labirinto.
Ovviamente riusciamo ad uscire senza problemi, siamo o non siamo Indiana Jones?
Raggiungeremo quindi il sommergibile nazista, inganneremo i marinai e con l’aiuto di Sophia porteremo il sommergibile nella città perduta di Atlantide.

Atlantide

Dopo essersi punzecchiati per tutta l’avventura, i nostri due archeologi si dimostrano parecchio affettuosi l’uno con l’altro.

Eccoci arrivati nella città perduta, o quanto meno quello che ne resta. La mappa di Atlantide è anch’essa un grande disco, come quelli che abbiamo rincorso per tutto il gioco.
Dopo aver oltrepassato l’ultimo anello che circonda la città, e tutti gli enigmi che ci troviamo davanti (compreso quello per liberare Sophia, che era stata presa – di nuovo) riusciamo ad entrare nel centro di Atlantide.
Non prima di sbaciucchiarci con la nostra compagna di avventura, badate bene.
A questo punto però la Medium verrà posseduta dallo spirito di Nur-ab-sal che oltre ad essere un gran simpaticone darà fastidio al nostro archeologo che quindi preferirà lanciare la collana di Sophia, che conteneva lo spirito, nella lava, per liberarla (e fanno tre).
Comunque, nel centro di Atlantide, i due attivano una macchina che dovrebbe trasformare gli uomini in dei, e ovviamente i nazisti arrivano in questo preciso momento. I cattivoni ovviamente vorranno usare Indy come cavia per l’macchina, ma rispondendo bene alle loro domande riusciremo a convincerli del contrario e quindi elimineremo sia Kerner che il dottore pazzo. Il sovraccarico della macchina però porterà alla distruzione di Atlantide e saremo costretti a scappare.
Il gioco si chiude con Indiana e Sophia in salvo sul sommergibile, contenti di essersi ritrovati mentre guardano Atlantide scomparire ancora una volta.

Devo dire che nel finale la lacrimuccia è scesa, anche perchè tutto sto casino per ritrovare la città perduta per poi vederla scomparire definitivamente non è proprio il massimo, ma questo capitolo si riconferma come uno dei migliori giochi della LucasArts che io abbia mai giocato.
Indubbiamente ha segnato un’epoca e per me chiude la trilogia dei film e la storia, perchè diciamocelo, c’è un Indiana Jones che non esiste e non deve essere nominato.

Grazie per essere arrivati fino a qui, spero che questo articolo possa anche solo in parte avervi fatto incuriosire su questo tipo di gioco o avervi aiutato a ricordare un gioco ingiustamente dimenticato,

Elyonesse


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La Bella e la Bestia – Il cuore del processo creativo

Nel Settembre del 1991 la Disney presentò al New York Film Festival una versione incompleta de La Bella e la Bestia, in una sala piena di pubblico e di critici. La versione mostrata in sala è stata quella di pre-montaggio, che generalmente viene condivisa solo con i produttori.

Ma che cos’è un pre-montaggio?
Semplicemente è l’insieme di tutte le fasi creative dell’animazione, che aiutano a dare una visione complessiva del film ai produttori e agli stessi animatori.

Questi frame, tratti dalla VHS fornitami da Disney: Tapes & More (che ringrazio all’infinito) ci aiutano a capire da cosa sono composte queste fasi.

Se volete saperne di più sulla produzione de La Bella e la Bestia e avere qualche info sulla VHS in questione, vi consiglio di leggere il mio articolo dedicato, che potete trovare qui.

Fase uno – Storyboard

Ultimata la sceneggiatura, il film viene diviso in parti principali e secondarie, visualizzate con dei disegni: lo storyboard, che a grandi linee può ricordare un fumetto. Le illustrazioni vengono quindi ordinate in sequenza, per dare un senso logico alla storia.
Qui sotto, le scene dello storyboard iniziale.

Fase due-
Rough Animation

Gli animatori creano poi un abbozzo di animazione delle varie scene, che permette di capire le varie proporzioni dei personaggi, i loro movimenti e come si relazionano con lo sfondo.
È un’animazione essenziale, ma molto utile.
Proprio il termine rough animation, ovvero animazione approssimativa, ci lascia intendere lo scopo di questa fase.
Qui sotto, i primi sketch di animazione.

Fase tre –
Clean Up

La fase di clean up, ovvero quella di definizione, permette agli animatori di avere una nitida visione della scena.
Rifiniscono quindi l’abbozzo di animazione finchè non resta un’unica linea continua per ogni personaggio, aggiungendo le ombre per visualizzare dimensioni e massa.
A seguire, i frame della stessa animazione, ma visivamente più pulita.

Fase quattro –
Final Color

La scena viene resa nella sua interezza con l’aggiunta dei colori, che permettono di dare le giuste sembianze ai personaggi e ai fondali.
Il colore è l’elemento fondamentale che determina l’impatto emotivo della scena.

Spero che questo articolo possa esservi stato utile e che vi abbia fatto capire un poco quanto lavoro c’è dietro a quello che può sembrare un semplice film di animazione.

Passo e chiudo,
Elyonesse

Tutte le immagini appartengono ai proprietari del copyright.

La Bella e la Bestia – La magia della pre-produzione

“È una storia sai, vera più che mai…

Mrs. Bric, in Beauty and the Beast

Il 30° Classico Disney è senza dubbio considerato uno dei migliori film di animazione di tutti i tempi. Il duro lavoro del team di sviluppo ha portato alla realizzazione di una pellicola che si è valsa la nomina agli Oscar per la prima volta in assoluto come miglior film, con un totale di cinque nomination e due vittorie (come miglior colonna sonora e miglior canzone).

Ma quanto lavoro c’è dietro ad un film del genere?

Facciamo un piccolo passo indietro.
Nel 1937, dopo il successo de Biancaneve e i sette nani, Walt Disney era alla ricerca di un’altra storia classica da realizzare e quella della Bella e la Bestia era una delle possibili. Tentarono quindi di svilupparla più di una volta fra gli anni ’30 e ’50, ma il progetto venne sempre abbandonato perchè ritenuto troppo “complicato”. Alla fine degli anni ottanta, dopo Chi ha incastrato Roger Rabbit, l’idea del film venne ripresa e sviluppata da Richard Purdum, in una versione non musicale ambientata nella Francia vittoriana, ma l’allora presidente dei Walt Disney Studios Jeffrey Katzenberg, dopo un iniziale visione degli storyboard decise di eliminare la prima versione del film e ricominciare da zero. Dopo altre varie peripezie, la direzione passò infine a Gary Trousdale e Kirk Wise, che con la collaborazione di Alan Menken e Howard Ashman, trasformarono il progetto in un film musicale alla Broadway.

E così quindi iniziava lo sviluppo definitivo del film, che coinvolse oltre 600 animatori e artisti per quattro anni.

Sono riuscita a trovare tante informazioni anche grazie alla visione della VHS che gentilmente il mio amico Mattia, gestore del sito Disney: Tapes & More mi ha procurato.
Nel settembre del 1993 venne rilasciata in Italia la prima VHS de “La Bella e la Bestia“, singolarmente e all’interno di un cofanetto.
Il cofanetto conteneva, oltre alla VHS del film, il CD della colonna sonora, una litografia e un’altra videocassetta che mostrava la versione di pre-produzione con una serie di contenuti speciali.

La cassetta si apre con una presentazione al teatro El Capitan di Hollywood, dove il film è stato proiettato in prima mondiale. La voce narrante è inconfondibile, l’orologio da tavola Tockins, meglio noto come David Ogden Stiers (in italiano, doppiato magnificamente da Gianni Vagliani) ci accompagna dietro le quinte di questo film di animazione.
Con l’aiuto delle bellissime immagini fornite da questa vhs, cercherò di raccontarvi come è nato il cartone che conosciamo oggi.

Piccola curiosità – “La videocassetta del film presa da questo cofanetto si può riconoscere per la custodia di colore blu. Attenzione a non confonderla con la VHS del 2002, con copertina diversa e una custodia sempre di colore blu, ma più piccola.

Ringrazio ancora Mattia per tutte queste info sulle edizioni della Bella e la Bestia, per saperne di più visitate il suo sito!

Torniamo al concept originale.
La favola francese era stata scritta circa 250 anni prima, ma aveva radici ben più profonde. Una storia dove la bella si innamora della bestia è presente in tante culture diverse, fino ad arrivare a vecchie leggende dei Nativi Americani.
Gli sceneggiatori presero qualcosa da ogni storia, ispirandosi anche alla versione cinematografica di Jean Cocteau.
Alleggerirono l’atmosfera dark con l’aiuto della musica e degli oggetti incantanti, ottenendo la classica aria di magia targata Disney.

Ma una grande storia necessitava una degna colonna sonora, così Alan Menken e Howard Ashman , coppia vincitrice del premio Oscar per la Sirenetta, con una composizione che rimanda sotto certi aspetti una musica tradizionale e classica, senza perdere di originalità, ci accompagnano alla scoperta del film, veicolando la storia tramite la musica.

Personaggi Memorabili

Per i protagonisti del film Belle e Adam, incredibile ma vero, questo è il nome della Bestia, rivelato nel musical del ’94, vennero impiegati ben 6 animatori a testa.

Glen Keane, supervisore del personaggio della Bestia, raffinò i bozzetti di Chris Sanders (basati su pesci, insetti e uccelli) andando allo zoo e ispirandosi ad animali grandi e pieni di pelliccia. Quando dopo vari tentativi riuscì ad unire in modo convincente varie specie, l’animatore sapeva di aver trovato il suo personaggio. Ma i suoi problemi non erano affatto finiti.

Come poteva rendere un mostro dolce?
Un essere così pieno di rabbia e di frustrazione poteva nascondere qualcos’altro?
Realizzarlo non fu un’impresa facile.

La Bestia doveva essere una creatura intrappolata fra due mondi, quello umano e quello animale, senza che si trovasse a suo agio in nessuno dei due. Nel disegno bisognava rappresentare il suo lato umano, caldo, in contrapposizione con la bestialità, fredda. Si decise quindi di far trasparire queste caratteristiche dai movimenti, proprio come nel teatro.
Il dettaglio del mantello è stato un espediente molto utile, dato che gli animatori potevano inserire un movimento morbido e teatrale nel personaggio, collegandolo ad un oggetto “umano”. Per studiarne il movimento e il panneggio, Keane disse agli animatori di indossare a turno il mantello per poi correre, saltellare e agitarsi nello studio, una scena parecchio divertente da immaginare, ma estremamente utile.

Il movimento deve essere reale e devi averne avuto esperienza per ricavarne un animazione convincente.”

Glen Keane, sull’animazione della Bestia

Il dettaglio che però ho sempre amato della Bestia è quello degli occhi, perchè è l’unica caratteristica umana lasciata fisicamente al personaggio, dalle parole dello stesso Glen Keane “gli occhi e lo sguardo di un essere capace di amare”.

James Baxter si occupò di supervisionare il personaggio di Belle, disegnando una ragazza dall’aspetto europeo (ispirandosi però anche a dive come Judy Garland e a Audrey Hepburn). Studiò attentamente i movimenti delle ballerine classiche, per dare a Belle la leggerezza e la grazia dei movimenti della danza.

Ma quello che ci colpisce di più in questa eroina è il suo carattere gentile e la sua intelligenza. Belle è la classica ragazza “strana” che si sente incompresa dalla società in cui vive. Si presenta vestita con abiti semplici e con un aspetto seppur bello ma comune, che la rende simile a noi spettatori, mentre nella scena del ballo viene rappresentata con uno splendido abito dorato, simbolo della sua preziosa interiorità capace di vedere oltre le apparenze.

Per Gaston, Andreas Deja ebbe qualche difficoltà a rappresentare un villain esteticamente “bello”. Ad un primo impatto disse, Gaston può sembrare un personaggio assai seccante, ma non cattivo, mentre da metà film in poi mostra la sua vera natura.
Questo personaggio è essenzialmente un bullo, carico di stereotipi e animato in modo da enfatizzare tutti i suoi movimenti, per andare a sottolineare una personalità fasulla e subdola.

Il contrasto fra la cattiveria di Gaston, mascherata dalla sua bellezza e la bontà d’animo della Bestia sotto l’aspetto orribile è evidente.

Infine, perchè i personaggi fossero credibili, è stato determinante trovare loro una voce perfetta. Grazie al doppiaggio gli animatori sono riusciti a dare carattere alle loro creazioni, perchè tante espressioni, gesti e modo di fare vengono proprio “rubati” ai doppiatori, che vengono filmati durante le sessioni di registrazione. Spesso infatti, riguardando il film, alcuni hanno dichiarato di rivedere proprie caratteristiche nei personaggi, come qualche smorfia o qualche tic.

Il fulcro del film

Per l’incredibile scena del salone, i registi decisero che si doveva ottenere qualcosa di mai visto prima, una sequenza capace di trasportare gli spettatori all’interno del film concretamente.
Limitati però dalla visione frontale dell’animazione 2D dovettero ricorrere al sistema CAPS, ideato dalla Pixar, che ha permesso di ricreare la sala in 3D, quasi come se si stesse su un set cinematografico e di cambiare inquadratura, così che gli animatori potessero lavorare su diverse prospettive e renderne il movimento in maniera completamente fluida.


Tutto doveva essere armonioso, gli stessi personaggi dovevano combaciare perfettamente con la stanza. Per Belle si optò per un abito scintillante colore dell’oro, che grazie alla luce mossa fra le pieghe crea una bellissima sensazione di luminosità, perfetta per risplendere al centro della sala da ballo. In contrasto, i vestiti dalle tonalità blu della Bestia, che rimandano però a quelli di Belle dalle rifiniture oro.
In questo modo ottennero la scena che conosciamo oggi, un’unione di due stili di disegno che armonizzano fra di loro.

La prova del fuoco

Nel settembre del 91′ venne presentata al New York film festival una versione incompleta del film, la cosidetta versione di premontaggio, quella che generalmente viene mostrata ai produttori.
In questo caso il film era pronto solo al 70%.
Fu una scelta azzardata della Disney, poichè non era mai stato fatto prima, e in sala erano presenti parecchi critici oltre ad un vasto pubblico.
Il film doveva essere finito sia nella colorazione che nelle animazioni, e i registi erano parecchio nervosi.
Il pubblico sorprese tutti, nonostante le animazioni incomplete gli spettatori riuscirono a immedesimarsi completamente, rapportandosi ai personaggi come se fossero stati di carne e ossa.

Fu un grande momento per la Disney e la produzione capì di essere sulla giusta strada.

La magia della Disney, perfettamente rappresentata in questo cartone, ci trasporta in un altro mondo, insegnandoci a guardare oltre le apparenze, proprio come Belle.

Vi lascio con una carrellata di immagini dal finale, grazie per essere arrivati fino a qui!

Elyonesse

Tutte le immagini appartengono ai proprietari del copyright.

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